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venerdì 20 settembre 2013

SIGNS PREYER - "S/T" recensiti su Tempi-Dispari (IT)

I Signs Preyer, al debutto con un disco che farà discutere

Signs Preyer - Artwork (Front)

Autore: Signs Preyer
Titolo: Signs Preyer
Etichetta: Red Cat Records
Anno: 2013


Se non fosse già stato utilizzato come nome, i Signs Preyer si sarebbero dovuti chiamare Roilling Stones. Non tanto per il genere, che con il gruppo di Jegger e soci per nulla concilia, ma per la sensazione che danno. Sonon un vero e proprio macigno sonoro. Mastodontici, pesanti, senza compromessi. Questo non significa riffing accelerati o violenza insensata. Significa la pesantezza dei Candelmass unita ad un certo gusto southern con spruzzate di stoner, non noise. Questo l’omonimo primo disco. Il gusto per un certo tipo di sound comunque oscuro si esplicita chiaramente in una ghost track (di cui non si svela la posizione). Un plauso va sicuramente al produttore della Bonsai Record che è riuscito a dare la giusta rilevanza al songwriting del gruppo. Il disco arriva dopo una intensissima stagione live che ha visto i nostri aprire per Pino Scotto nel
“Datevi fuoco tour” e “Buena Suerte”, Fuzz Fuzz Machine, Killing Touch, Lento, Trick or Treat
e molti altri gruppi di spicco del panorama rock metal italiano. Ma non solo. I SP hanno accompagnato anche Helmet, Lafaro, Paul Di Anno, e i Corrosion of conformity.
Il full lenght apre con Anger che subito mette le cose in chiaro. Intro arpeggiato e incalzare di batteria e chitarre fino all’apertura e ingresso a pieno ritmo. Suoni decisi e maestosi offrono ottimo supporto alla voce di Ghode Wielandt (Corrado Giuliano). Tecnicamente la band si presenta ben preparata a il mid tempo è un buon modo per poter offrire all’ascoltatore passaggi degni di nota come nel bridge dell’opening. Decisamente azzeccato anche il cambio di tecnica e metrica del cantato verso i ¾ della canzone che nonostante i superi i 4 minuti, non annoia.
Si prosegue con Bitch Witch. Il riferimento stilistico cambia lasciando spazio a riff più southern con un incedere incalzante sempre caratterizzati dai suoni pieni. Pochi fronzoli e quella sporcizia tipica del deserto accompagnano il brano nei solo e fino alla fine dove si note un’altra variazione.
Più “contemporanea” con riff e atmosfere più accessibili It Comes Back Real, terzo brano. Da sottolineare il grande lavoro delle due chitarre che costruiscono un tappeto intricato e mai banale ottimamente supportato dalla sezione ritmiche che non è da meno senza avvalersi di sfuriate di doppia cassa o suoni triggerati.
Si prosegue con Just to kill you dove viene in evidenza la forza di Viktor Kaj (Andrea
Vecchione Cardini) al basso. Plauso per i suoni scelti, decisamente azzeccati e circostanziati. Sorprendente l’accelerazione finale che rompe il ritmo cadenza fino a quale momento portato.
Risente di decise influenze grunge, Alice in chains per la precisione, la successiva Killer Intinct.
Dal riffin alla cadenza del cantato passando per i ritmi di batteria, i SP qui devono molto al gruppo di Jerry Cantrell. Il che non è necessariamente un male se l’omaggio è filtrato, come nello specifico, dalla personalità.
Di fattura decisamente più thrash la successiva Painless Pain dove ancora una volta si nota la perizia della sezione ritmica. I controtempo di James Mapo (Giacomo Alessandro) sono davvero pregevoli. Al gruppo non piace la noia e i cambi si tempo sono continui e repentini, ma sempre conseguenziali.
La ballad del disco apre con un refrain quasi free jazz per poi aprirsi in un arpeggio acustico di panteriana memoria. E i la band di Anselmo in questo frangente è il richiamo più immediato anche se non si tratta mai di plagio o mancanza di idee. Si tratta di semplici richiami stilistici.
Viaggia su terreni speed la seguente Hell, il brano più “veloce” del disco e uno dei più variegati con decisi cambi di atmosfere e tempi ma senza mai esagerare.
Conclude la decisa cavalcata metallica Signs Preyer, più hardrockeggiante e aperta ma sempre pesante. Apprezzabile la prova solistica delle due chitarre che si scambiano a solo e riff senza difficoltà.
Nel complesso un disco decisamente valido. Ottimamente suonato e prodotto. La band dimostra di avere la giusta dose di personalità per non perdersi nei propri riferimenti e non essere troppo derivativa (comunque si tratta del primo disco). Un eccellente punto di partenza per i giovani di Orvieto. Una band che ha molto da dire e di cui si sentirà ancora parlare.

Tracklist
  1. Anger
  2. Bitch Witch
  3. It comes back real
  4. Just to kill you
  5. Killer instinct
  6. Painless pain
  7. Dark soul
  8. Hell
  9. Signs Preyer
Line Up

Ghode Wielandt (Corrado Giuliano) Vocal/Guitar
Eric Dust (Enrico Pietrantozzi) Guitar
Viktor Kaj (Andrea Vecchione Cardini) Bass
James Mapo (Giacomo Alessandro) Drums

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